Chi conosce Luigi Vitale, non pensa che l’esplosione del ragazzino terribile nel Napoli sia dovuta al caso: tutti dicono che ce l’aveva scritto nel dna un destino da calciatore di vertice. Lo pensa soprattutto Peppe Santoro, il responsabile del settore giovanile azzurro, che l’ha conosciuto quand’era appena un bambino e tirava calci sotto gli occhi divertiti di papà Francesco, dipendente della Fincantieri e, a volte, anche sotto lo sguardo amorevole di mamma Antonietta che è casalinga.
Chi l’ha seguito nella carriera delle giovanili, si chiede anche perchè non venga utilizzato per calciare le punizioni, lui che segna da ogni posizione ed ha nei piedi una miscela di potenza e precisione, che rende imprendibili i calci da fermo. Luigi, bimbo, usava il suo sinistro per fare gol. Gli piaceva giocare in attacco, come a tutti i ragazzini, del resto. Quel sinistro che sapeva accarezzare il pallone l’ha portato, pian piano, sulla fascia: esterno di centrocampo.
Quando arrivò nelle giovanili del Napoli - riporta il Mattino-, prelevato dall’Avellino nel 2004, diventò subito un punto fermo del Napoli dei ragazzini. Due gol al Padova (entrambi su punizione, naturalmente) portarono lo scudetto nel campionato Berretti. Ma era considerato ancora troppo giovane per essere aggregato alla prima squadra in serie A. nel giro dei «grandi» c’era già finito in serie C, nel 2005, (un gol al Foggia in coppa Italia), però quelli erano altri tempi.
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